Cerca nel blog

domenica 1 aprile 2012



Il NuragheI nuraghes, o runaghes (in logudorese), nuracis o nuraxis in sardo campidanese, (nuraghi con plurale italianizzato) sono delle torri in pietra di forma tronco conica ampiamente diffusi in tutto il territorio della Sardegna e risalenti al II millennio a.C. circa. La datazione dei nuraghi è incerta e le attuali date vanno attribuite solamente ai manufatti trovati all'interno di ciascun edificio, come bronzi votivi o oggetti di terracotta. I nuraghi furono il centro della vita sociale degli antichi Sardi e diedero il nome alla loro civiltà, la civiltà nuragica. Unici nel loro genere, costituiscono i monumenti megalitici più grandi e meglio conservati che si possano trovare oggi in Europa e sono unanimemente considerati come il simbolo più noto della Sardegna. Ne rimangono in piedi circa 7.000 sparsi su tutta l'Isola, mediamente uno ogni 3 chilometri quadrati (secondo alcune fonti sono 8-9.000, e si ipotizza che in passato fossero oltre i 20.000). In alcuni luoghi le torri nuragiche sono distanti una dall'altra pochi chilometri, come nella piana di Cabu Abbas presso Bonorva, o come in Trexenta e in Marmilla.
1 Origine del nome
2 Patrimonio mondiale dell'Umanità
3 Ipotesi sulla loro funzione
4 Descrizione
5 Le diverse tipologie
5.1 Nuraghes a corridoio
5.2 Nuraghes di tipo misto
5.3 Nuraghes monotorre a tholos
5.4 Nuraghes a tancato
5.5 Nuraghes polilobati e regge nuragiche
5.6 I villaggi nuragici
6 Ipotesi cronologica
6.1 Le varie fasi
7 Principali siti nuragici
8 Note
9 Bibliografia
10 Voci correlate
11 Altri progetti
12 Collegamenti esterni


Origine del nome:
La radice Nur della parola nuraghe, secondo gli studiosi è di origine molto primitiva e dovrebbe significare un cumulo cavo formato da grossi blocchi di pietre. Secondo quanto ci riferisce lo studioso Giovanni Lilliu:

« .....preindoeuropeo, o di sustrato mediterraneo, è anche il nome del monumento: nuraghe, detto pure altrimenti, a seconda dei distretti e dialetti della Sardegna, nuràke, nuràxi, nuràcci, nuràgi, naràcu etc. Questo termine, specie nel secolo XIX, fu messo in relazione con la radice fenicia di nur, che vuol dire fuoco, e fu spiegato come fuoco nel senso di dimora o di tempio del fuoco, con riferimento a culti solari che si sarebbero praticati sulla terrazza delle torri nuragiche. Oggi, invece, i filologi propendono a considerare il vocabolo nuraghe come un reliquato della parlata primitiva paleomediterranea, da ricollegarsi col radicale nur e con le varianti nor, nul, nol, nar etc.: radicale largamente diffuso nei paesi del Mediterraneo, dall’Anatolia all’Africa, alle Baleari, alla Penisola iberica, alla Francia, col duplice significato, opposto ma unitario, di mucchio e di cavità. Il vocabolo stesso poi indicherebbe non la destinazione ma la speciale forma costruttiva del nuraghe, il quale vorrebbe dire appunto mucchio cavo, costruzione cava, torre cava, a causa della figura turrita del suo esterno, fatta per accumulo di grossi massi, e per la cavità cupoliforme dell’interno.. »
(Giovanni Lilliu, da I Nuraghi. Torri preistoriche della Sardegna, Ilisso 2005, pag. 57).

Secondo Giovanni Ugas , archeologo dell' università di Cagliari , la parola nuraghe potrebbe derivare da Norax o Norace , eroe degli Iberi-Bàlari . È possibile infatti che la radice Nur- sia un adattamento ai timbri mediterranei della radice indoeuropea Nor- che si ritrova in alcuni toponimi della Sardegna (es. Nor-a , Nor-agugume) , nel Lazio con Nor-ba città dei Volsci o Nor-eia antica città del Norico [1].


Patrimonio mondiale dell'Umanità
Nel 1997 l'Unesco ha classificato come patrimonio mondiale dell'umanità, il nuraghe (e quindi la civiltà nuragica) di cui Su Nuraxi è stato considerato l'esempio più importante. Nella motivazione il comitato definisce le costruzioni nuragiche "una eccezionale risposta alle condizioni politiche e sociali facendo un uso creativo e innovativo dei materiali e delle tecniche disponibili presso la comunità preistorica dell'Isola"
 
Ipotesi sulla loro funzione 
Sulla loro funzione archeologi e storici non sono concordi nel ritenere che fossero unicamente degli edifici a carattere civile-militare, destinati al controllo e alla difesa del territorio e delle risorse in esso presenti. Molti dubbi non sono stati chiariti e c'è chi si interroga ancora sulle tecniche di costruzione utilizzate per costruirli. Non è agevole indicare la loro precisa funzione dal momento che esistono nuraghi costruiti in pianura, sulla sommità di colli, ma anche nei fianchi riparati e non panoramici dei monti. Si pensa che quelli collocati sulle vette dei colli, a torre semplice, fossero torri di avvistamento in contatto visivo l'un l'altra, mentre i grandi complessi, a più torri attorno ad un mastio centrale ed un cortile, avessero funzioni differenziate, sempre riferite - secondo varie ipotesi - al costituire centro della comunità. Tra i tanti usi ipotizzati, c'è quello di fortezza, di parlamento (o comunque sede delle decisioni comunitarie), di tempio o di sancta sanctorum, residenza del capo del villaggio, o varie combinazioni fra queste possibilità come l'esempio della reggia nuragica di Su Nuraxi che dispone di un cortile, un pozzo ed una cisterna interni, strutture che hanno fatto supporre ad un castello realizzato per resistere anche ad assedi. L' ipotesi che vedeva i nuraghi come edifici costruiti a scopo militare, un tempo predominante, sembra aver perso lustro negli ultimi anni in favore di una più probabile destinazione religiosa, ma il dibattito divide tuttora gli specialisti. Il linguista sardo Massimo Pittau è uno dei maggiori sostenitori dell'ipotesi esclusivamente votiva e religiosa del nuraghe; lo studioso Pierluigi Montalbano sostiene che la funzione di palazzo spiegherebbe molti quesiti ancora privi di risposta e - secondo la sua tesi - il nuraghe fu un luogo in cui il potere sacerdotale, quello politico e quello economico si incontravano per decidere le modalità di redistribuzione delle risorse che la comunità conferiva. Le molteplici funzioni spiegano anche la localizzazione di un migliaio di strutture lungo la costa: erano utilizzate come torri di avvistamento (primo sbarramento difensivo e nel contempo luogo di controllo dei porti) e luogo di accoglienza per i mercanti che solcavano i mari. Non bisogna dimenticare - sostiene lo studioso - che una delle funzioni dei templi era quella di ospitare il mercato e garantire l'equità dei commerci fra genti diverse. Non a caso i levantini del XII-IX secolo a.C. (commercianti tiri, sidoni, gibliti, aramei, ciprioti, filistei...) pensarono bene di far edificare dei templi lungo tutte le coste del Mediterraneo (gestite da sacerdoti e dedicate a divinità) così da rendere più sicure le transazioni
Descrizione
Alte spesso fino a 20 metri, le torri sorgono spesso in posizione dominante, su un cucuzzolo, ai bordi di un altopiano o all'imboccatura di una valle od in prossimità di approdi lungo le coste. Le mura che le compongono sono sempre poderose e possono arrivare ad uno spessore di quattro o cinque metri, con un diametro esterno fino a trenta-cinquanta metri alla base, diminuendo poi con l'aumentare dell'altezza, formando un tronco di cono la cui inclinazione è più accentuata nelle torri più antiche. La particolare forma è dovuta alla singolare tecnica di costruzione che prevede solide fondazioni con grossi blocchi di pietra squadrati e sovrapposti a secco, in maniera circolare, senza utilizzo di leganti e tenuti insieme dal loro stesso peso. Man mano che si procede in altezza - si pensa utilizzando terrapieni inclinati, particolari leve e tronchi sui quali far scivolare i massi - i filari si restringono progressivamente e diminuisce anche la proporzione dei massi, ora sempre più piccoli e meglio lavorati. La parte superiore era occupata da una terrazza munita di parapetto, alla quale si accedeva tramite una scala elicoidale, illuminata nel percorso ascendente da feritoie ricavate nelle spesse mura. Dalla base della torre questa girava internamente tra la struttura portante esterna e quella interna delle camere voltate, sovrapposte una sull'altra, alle quali dava accesso per poi proseguire verso la sommità. La porta di ingresso è posizionata quasi sempre a mezzogiorno ed immette su un largo corridoio (ai cui lati si aprono sovente delle nicchie) che porta ad una camera rotonda, la cui volta è formata da anelli di pietre che si restringono progressivamente, andando a chiudersi secondo la tecnica della volta a tholos.

Le diverse tipologie 
Dagli scavi effettuati e dai reperti trovati, il nuraghe appare come una struttura polivalente, utilizzata sia come abitazione fortificata, sia come posto di vedetta o di rifugio in caso di pericolo, infatti poteva accogliere al suo interno la popolazione dei villaggi limitrofi.

Di queste suggestive costruzioni, molte si sono conservate in condizioni più o meno buone, di altre è rimasta soltanto la base del muro perimetrale, distrutto nella maggior parte dei casi dall'uomo stesso, altre ancora devono essere scavate. Ne esistono di diverse tipologie e la loro struttura varia in rapporto all'epoca nella quale sono stati edificati. Ecco le tipologie più importanti:

Nuraghes a corridoio 
Chiamati comunemente pseudo-nuraghi o protonuraghi, i nuraghes a corridoio differiscono in maniera significativa dai nuraghi classici; di aspetto più tozzo e di planimetria generalmente irregolare, al loro interno non ospitano la grande camera circolare tipica del nuraghe, ma uno o più corridoi, e qualche rara celletta coperta a falsa-volta".



Nuraghes di tipo misto 
Questa tipologia si distingue per il rifascio effettuato in epoche successive, si suppone dovuto ad un cambio di progettazione dei nuraghes a corridoio, o per altre esigenze.
Nuraghes monotorre a tholos 
Sono i più semplici ed hanno un'entrata architravata che introduce ad un corridoio, nel quale si trovano varie nicchie, e che conduce successivamente al salone principale, di forma circolare, a copertura ogivale (tholos).
Nuraghes a tancato 
Costituiscono l'evoluzione dei nuraghes monotorre: alla torre principale viene aggiunta un'altra torre ed entrambe condividono un cortile spesso fornito di un pozzo. In momenti successivi vengono aggiunte altre torri fino a farne dei complessi polilobati.
Nuraghes polilobati e regge nuragiche 
Sono quelli più elaborati, vere e proprie fortezze con varie torri unite tra loro da bastioni e che avevano la funzione di proteggere quella centrale. Dalla torre arroccata su una cima isolata, semplice vedetta situata al confine del territorio di pertinenza della singola tribù, o a presidio dei punti strategici più rilevanti come le vie d'accesso alle vallate, i sentieri che salivano agli altopiani, i corsi d'acqua, i guadi, le fonti, etc., si giunse successivamente alle complesse costruzioni, comprendenti fino a 17 torri come nel nuraghe Arrubiu ad Orroli, e dalle mura spesse alcuni metri, ubicate al centro dell'area di comune interesse, sicuramente utilizzata come residenza fortificata dell'autorità politica, civile e militare (probabilmente anche religiosa) della regione.
Questi castelli megalitici costituivano delle vere e proprie regge, ed erano circondati da altre cinte murarie più esterne, talora fornite anch’esse di torri (i cosiddetti antemurali), che circondavano i bastioni a costituire una vera e propria ulteriore linea avanzata di difesa.

Reggia de Su Nuraxi
I villaggi nuragici
Alcuni nuraghi sorgono isolati, altri sono invece circondati o collegati tra di loro da un sistema di muri di cinta che racchiudono i resti di capanne, tanto da assumere l'aspetto di un villaggio vero e proprio. Infatti le popolazioni nuragiche, oltre che negli stessi nuraghi, risiedevano in questi villaggi addossati al castello. Erano costituiti da capanne più o meno semplici e più o meno numerose, in alcuni ritrovamenti fino a qualche centinaio e la vita quotidiana si svolgeva dunque all'interno di modeste dimore di pietre, con tetto in genere realizzato con tronchi e rami, spesso intonacate all'interno con del fango o argilla, e talora isolate con sughero spesso intonacate all'interno con del fango o argilla, e talora isolate con sughero.

Nell'ultima fase della civiltà nuragica si sviluppa un tipo di capanna più evoluta, indicativo di una maggiore articolazione delle attività: si tratta della capanna a settori, che talora assume anche le dimensioni di un vero e proprio isolato, cioè divisa in piccoli ambienti affacciati su un cortiletto e dotata spesso anche di un forno per la panificazione.

Fra gli edifici pubblici che caratterizzavano i villaggi, si segnalano soprattutto le cosiddette capanne delle riunioni, provviste di un sedile in pietra alla base e destinate alle assemblee dei notabili del villaggio.


Complesso di Genna Marìa

Ipotesi cronologica
I primi nuraghes iniziarono ad essere costruiti in un'epoca situata quasi certamente nella parte iniziale del II millennio a.C. Di alcuni si è effettuata una datazione alquanto probabile di un periodo intorno al 1800 a.C. Secondo l'archeologo Giovanni Lilliu, durante la media Età del bronzo, attorno al 1500 a.C./1100 a.C., si ebbe presumibilmente il maggior sviluppo di questi edifici.
Nell'Età del ferro - dal 900 a.C. in poi, non furono costruiti nuovi nuraghi, ma si continuava ad usare le vecchie costruzioni, forse come luoghi di culto.

Le varie fasi
In base ad una classificazione ed alla divisione temporale fatta dello studioso Giovanni Lilliu, l'edificazione dei nuraghi e lo svilupparsi della civiltà nuragica ha seguito diverse fasi collocabili dentro l'età del Bronzo e l'età del Ferro. Lo stesso studioso però sconsiglia di adattare schematicamente la sua classificazione alle suddivisioni cronologiche di queste età usate nell'Europa, nella Penisola italiana e nell'Egeo, anche se non mancano parallelismi tra cultura nuragica con elementi delle regioni europee e egeiche. Ecco le varie fasi:

La prima fase, denominata Nuragico I, vede il formarsi dei caratteri principali di questa civiltà. Tra la fine del Bronzo Antico e gli inizi del Bronzo Medio (XVIII-XV secolo a.C.) si ha l'edificazione dei primi protonuraghi - conosciuti anche come nuraghi a corridoio - e degli pseudonuraghi. Si evidenzia nell'architettura funeraria la costruzione delle Tombe dei giganti con stele centinata, gli ipogei con prospetto architettonico e le tombe di tipo misto. Si scolpiscono i Menhirs e la cultura materiale utilizza ceramiche tipo Bonnanaro.
Il Nuragico II situato nella media Età del Bronzo, intorno al XVII-XIV secolo a.C., fa la sua comparsa il nuraghe a thòlos, caratterizzato dal modulo ripetitivo della torre tronco-conica. All'interno ospita una o più camere sovrapposte, coperte a falsa volta, con la tecnica cosiddetta ad aggetto. Le Tombe dei giganti presentano una facciata con i caratteristici filari di pietre infisse a coltello, si scolpiscono betili aniconici e poi con segni schematici. Si notano nelle ceramiche le decorazioni a pettine, con nervature o con decorazioni metopale. Le armi sono di importazione orientale.
Il Nuragico III è la fase situata nel periodo del (Bronzo Recente e Finale, fra il XII e il IX secolo a.C.). Al singolo nuraghe già esistente, si addossano altre torri, raccordate da cortine murarie per formare un vero e proprio bastione turrito, fino a realizzare delle strutture di notevole articolazione ed imponenza, con i bastioni provvisti di torri angolari, spesso in numero di tre, come il nuraghe Santu Antine a Torralba o il nuraghe Losa ad Abbasanta, ma anche di quattro torri, come Su Nuraxi a Barumini e il nuraghe Santa Barbara a Macomer, o addirittura anche cinque, come il nuraghe Arrubiu ad Orroli. Nelle Tombe dei giganti si notano fregi a dentelli, compaiono tempietti a cella rettangolare, tempietti a megaron, templi a pozzo. Compaiono poi i betili antropomorfi, le ceramiche micenee, i lingotti di rame a pelle di bue, le armi di tipo egeo.
Il Nuragico IV, ormai nell'Età del Ferro, copre un arco temporale che va dal IX secolo a.C. al V secolo a.C., si evolvono ancora i nuraghi complessi e i villaggi aumentano di misura. In architettura si notano tombe individuali a fossa e a pozzetto. Si osservano i villaggi santuario, le grotte sacre e i templi a pozzo di tipo isodomo. La cultura materiale utilizza ceramiche geometriche, ambre e bronzi di importazione tirrenica, importazioni fenicio-puniche. Si osserva la nascita della stautuaria in pietra, i bronzi figurati, le navicelle in bronzo.
Il Nuragico V va dal V secolo all'invasione romana e vede la nascita della resistenza sarda alla penetrazione cartaginese, le guerre prima contro i cartaginesi e poi contro i romani.


Nuraghe Nolza a Meana Sardo
I Fenici
Secondo le più recenti ricerche, i villaggi nuragici costieri situati nelle rade del meridione dell'Isola furono i primi punti di contatto tra i commercianti fenici e gli antichi sardi. Questi approdi costituivano dei piccoli mercati dove venivano scambiate le più svariate mercanzie. Con il costante prosperare dei commerci, i villaggi si ingrandirono sempre di più, accogliendo stabilmente al loro interno l'esodo delle famiglie fenicie in fuga dal Libano. In questa lontana terra esse seguitarono a praticare il loro stile di vita, i loro propri usi, le proprie tradizioni e i loro culti di origine, apportando in Sardegna nuove tecnologie e conoscenze. Tramite matrimoni misti ed in un proficuo e continuo scambio culturale, i due popoli coabitarono pacificamente e i villaggi costieri divennero importanti centri urbani, organizzati in maniera simile alle antiche città stato delle coste libanesi. I primi insediamenti sorsero a Karalis, aNora, a Bithia (nei pressi di Pula), a Sulci nell'isola di Sant'Antioco, a Tharros nella penisola del Sinis, e poi a Neapolis (nei pressi di Terralba) e a Bosa. Contemporaneamente al prosperare in Sardegna di questi centri costieri, dall'altra parte del Mediterraneo, nel continente africano, nell' 814 a.C. secondo la tradizione classica, nasceva Cartagine, e sessanta anni più tardi, in quello italiano, nasceva Roma.
Il più antico documento scritto della storia occidentale
La stele di Nora
La stele di Nora è considerata il più antico documento scritto della storia occidentale
Tuttavia le tavolette di bronzo nuragiche di Tzricotu, rinvenute in agro di Cabras nel 1995, sarebbero databili  XIII -XII secolo a.C.:  
questo le collocherebbe in epoca anteriore e ne farebbe dunque a loro volta il più antico documento attestante l'esistenza di testi scritti in occidente: in un modo o nell'altro, la prova documentale più antica a sostegno dell'esistenza della scrittura in occidente, si troverebbe in Sardegna. Tentare di sintetizzare ciò che è stato scoperto sinora sarebbe impresa imossibile e azione irrispettosa nei confronti degli studiosi che stanno tuttora investigando su questo affascinante aspetto della storia sarda.



La Sardegna e Roma
I Romani ottennero la Sardegna nel 238 a.C., al termine della Prima Guerra Punica. Nel 215 a.C., il sardo Amsicora, aiutato dai Cartaginesi, guidò un tentativo di rivolta anti-romana, ma fu sconfitto in battaglia. Per lungo tempo, la dominazione romana fu segnata dalla difficile convivenza con i Sardi e i Sardo-Punici. Gradualmente, si raggiunse una certa integrazione, anche se non furono rare le rivolte. I centri punici si "romanizzarono" e Karalis divenne la capitale della nuova provincia. La città crebbe e fu arricchita di monumenti, tra i quali l'esempio più notevole è probabilmente l'anfiteatro, che ancora oggi è sede di spettacoli. Nel nord dell'isola, i Romani fondarono il porto di Turris Libisonis (l'attuale Porto Torres) e fecero della cittadina cartaginese di Olbia un centro importante. Durante il dominio romano, Olbia fu dotata di piazze, acquedotti e complessi termali. Nel 1999, nelle acque del porto vecchio furono recuperati 18 relitti di navi romane, di cui due probabilmente dell'età di Nerone.
I Romani dotarono l'isola di una rete di strade che servivano soprattutto a mettere in comunicazione i centri del sud con quelli del nord dell'isola. A metà di una di queste strade, i Romani fondarono Forum Traiani (presso l'attuale Fordongianus), che divenne il principale centro militare dell'isola e che nel I sec. d.C. fu dotato di un complesso termale.

Resti delle terme di Fordongianus

I Romani svilupparono la coltivazione dei cereali e la Sardegna entrò a far parte delle province "granaio", insieme alla Sicilia e all'Egitto.

Probabilmente, l'eredità culturale più importante del periodo romano è la lingua sarda, neolatina, composta di numerosi dialetti raggruppabili in tre varietà fondamentali (gallurese, logudorese, campidanese).
La Sardegna e l'Impero bizantino
I Vandali, dopo la caduta dell'Impero Romano, mantennero nell'isola un presidio militare per circa ottant'anni: tale periodo si interruppe quando si arrivò alla presa di potere da parte dei Bizantini nel 534 d.C.
Un aspetto sicuramente degno di nota fu quello degli influssi di carattere religioso cui i sardi furono assoggettati; il legame tra l'isola e Bisanzio si rafforzò al punto tale che la Sardegna rimase bizantina anche durante l'invasione della penisola italica da parte dei Longobardi.

I Bizantini introdussero le chiese a croce greca, a cupola emisferica e a pianta quadrata. Esistono ancor oggi tracce che riportano indiscutibilmente ad un'origine bizantina: la diffusione del culto dell'imperatore-santo Costantino I, (che per i sardi divenne Santu Antine) fu così radicato che a Sedilo, tutt'oggi, si tiene la cavalcata detta s'Ardia, probabilmente in ricordo delle corse che si tenevano nell'antico ippodromo di Bisanzio (edificato dallo stesso Costantino I).

La civiltà giudicale

Col declino dell'impero bizantino, a partire dall'VIII secolo, i Sardi sull'impianto organizzativo bizantino, si dettero un nuovo assetto politico. L'isola fu così divisa in 4 Giudicati, i quali erano indipendenti dall'esterno ma anche fra di loro. I quattro giudicati erano quelli di Torres-Logudoro, diCalari, di Gallura e di Arborea ed erano retti da un "giudice" (judex in latino, judike o zuighe in sardo) che aveva il potere di sovrano. Amministravano un territorio, chiamato logu, suddiviso in curatorie formate da più villaggi, retti da capi chiamati majores. Parte dello sfruttamento del territorio, come anche l'agricoltura, veniva gestito in modo collettivo, un'organizzazione modernissima per l'epoca.

Eleonora d'Arborea

L'aiuto portato alla Sardegna contro gli Arabi da parte delle flotte di Genova e Pisa, specie dopo il fallito tentativo di conquista dell'isola nel 1015-16 da parte di Mujāhid al-Āmirī di Denia (il Mugetto o Musetto delle cronache cristiane italiche), signore delle Baleari dopo il crollo del Califfato omayyade di al-Andalus - ebbe come conseguenza un crescente influsso delle due Repubbliche marinare.Il Regno di Sardegna
Il Regnum Sardiniae et Corsicae ebbe inizio nel 1297, quando Papa Bonifacio VIII lo istituì per dirimere le contesa tra Angioini e Aragonesicirca il Regno di Sicilia (che aveva scatenato i moti popolari passati poi alla storia come Vespri siciliani). Il Regno di Sardegna fu un'istituzione totalmente estranea alla realtà sarda, tanto che i sardi la combatterono con tutte le loro forze tenendo testa alle forze aragonesi, che rappresentavano paradossalmente il Regno di Sardegna, per circa un secolo. La realizzazione della licentia invadendi così concessa ebbe inizio nel 1323, col re Giacomo II e poté dirsi conclusa nel 1420 sotto Alfonso V d'Aragona. Attraverso varie fasi, la storia del Regno sardo percorre l'ultimo periodo del medioevo e giunge alla sua conclusione tra il 1847 (Unione Perfetta con gli stati di terraferma) e il 1861 (proclamazione del Regno d'Italia).

Il primo indipendentista-sardo della storia: Leonardo de AlagonLeonardo de Alagon, discendente dei Giudici d'Arborea, fu un feudatario dell'oristanese che si proclamò difensore de Sardi ed è considerato dalla storiografia una delle figure più significative della lotta indipendentista. La sua vicenda ha inizio quando, intorno al 1477, entrò in conflitto con il viceré aragonese Nicolò Carros. Quest’ultimo si adoperò affinché Giovanni II d'Aragona il senza fede condannasse Leonardo de Alagon per lesa maestà e fellonia. Il feudatario sardo diede così il via ad una vera e propria rivolta dei Sardi contro il "Regno di Sardegna", che dapprima vide gli aragonesi costretti in assedio nelle due roccaforti di Cagliari e Alghero, ma che alla fine si concluse tragicamente nella battaglia di Macomer con la sconfitta dei ribelli Sardi e con la fuga e successivamente la cattura dello stesso de Alagon. Questi morì il 3 novembre 1494 nella prigione valenziana di Xàtiva.
Sardegna aragonese
Il periodo che va dagli inizi del XIV secolo a circa la metà del secolo successivo rappresenta per la civiltà occidentale un periodo di transizione dal Medioevo all'età moderna. La società si svincola dai miti e dalle tradizioni medievali e si avvia verso il Rinascimento. Purtroppo, questi cambiamenti non si riscontrano in Sardegna: questo periodo, che ebbe inizio nel 1323/1324, corrisponde infatti all'occupazione aragonese ed è considerato da molti come il peggiore di tutta la storia dell'isola. Il cammino verso l'età moderna venne bruscamente interrotto e tutta la società isolana regredì verso un nuovo e più buio Medioevo. Le maggiori cause furono viste nelle continue guerre contro il Regno di Arborea e nel regime di privilegio, di angherie e di monopolio esclusivo di ogni potere, instaurato a proprio favore dai Catalano-aragonesi e poi dagli spagnoli.

Una testimonianza evidente della situazione creatasi è fornita dagli stessi Catalani che ancora nel 1481 e nel 1511 chiedevano al Re - nel loro Parlamento - la conferma in blocco degli antichi privilegi, ricordando che erano stati concessi «per tenir appretada e sotmesa la naciò sarda» (mantenere bisognosa e sottomessa la nazione sarda). Con il dispotismo e la confisca di tutte le ricchezze si arrestò bruscamente il processo di rinnovamento economico, culturale e sociale che i giudicati e il Regno di Arborea, avevano suscitato tra l'ottavo e il quattordicesimo secolo.

In realtà gli aragonesi non disponevano dei mezzi per una tale invasione e riuscirono solo dopo un secolo di guerre e di sanguinose battaglie ad unificare il Regno di Sardegna e Corsica, che fu composto, per lungo tempo, unicamente dalle città di Cagliari e di Alghero. I due popoli sconteranno duramente - in epoche successive - il loro combattersi accanitamente fino ad annullarsi a vicenda. Sia i sardi che i catalano-aragonesi saranno assorbiti in realtà nazionali sostanzialmente estranee alla loro storia
La Cavalcata sarda
La Cavalcata sarda è una manifestazione culturale e folkloristica che si svolge a Sassari, solitamente la penultima domenica di maggio (non è una data tassativa).
La manifestazione consiste in una sfilata di tutti i gruppi folkloristici dall'intera Sardegna, ognuno con il costume caratteristico del luogo. Essa inizia con l'esibizione dei gruppi della provincia di Sassari , seguita da Nuoro e Oristano ed infine provincia di Cagliari. La sfilata è seguita da una esibizione di cavalli e cavalieri di alcuni gruppi, che si esibiscono nell' ippodromo cittadino in pariglie e figure acrobatiche.



Non è una manifestazione di antica tradizione, anche se la prima edizione deve farsi risalire al 1711, quando vennero fatte sfilare delegazioni di paesi nei loro abiti tipici a beneficio degli spagnoli che allora dominavano l'isola. La più importante e ricordata è quella del 1899, quando venne organizzata una sfilata di costumi tradizionali in occasione della visita dell'allora re d'Italia Umberto I. È soltanto dal 1951 che la sfilata assume una connotazione turistica e viene tenuta con cadenza annuale, solitamente la terza domenica di maggio.
È una delle tre feste sarde che permette di vedere riuniti tutti i costumi dell'isola, insieme alla Sagra del Redentore a Nuoro ed alla Sagra di Sant'Efisio a Cagliari, con la differenza che quella sassarese è l'unica a conservare un carattere squisitamente laico con i gruppi al centro della manifestazione e non a contorno.

Nessun commento:

Posta un commento